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Mediterraneo da salvare

Foto: Mediterraneo da salvare

Biodiversità da preservare-risanamento delle coste sicule orientali.  -
Dai fondali marini arrivano segnali contraddittori. La posidonia, la pianta marina che rappresenta il polmone verde degli abissi, è in espansione. Allo stesso tempo il progressivo riscaldamento dell'acqua fa crescere alghe nocive e attira pesci estranei all'ecosistema del Mediterraneo. Che il Mediterraneo stia diventando sempre più caldo è un dato acquisito: la temperatura, negli ultimi venti anni è salita di un grado e mezzo. I nostri fondali seguono il processo di globalizzazione: entrano nuove specie che arrivano dai mari tropicali e si adattano senza difficoltà. Negli ultimi venti anni sono arrivate nel Mediterraneo 120 specie nuove
Nel Mediterraneo vivono oltre 3000 balene, minacciate dall’inquinamento chimico, dalle collisioni con le navi, da rumore prodotto dal traffico marittimo; organismi nazionali e internazionali intendono realizzare una grande area protetta nel Canale di Sicilia per proteggere i cetacei, si e’ gia avviato un accordo tra Italia e Tunisia per procedere in questa direzione. Risultati positivi si riscontrano a supporto e intervento sui cetacei e cheloni marini, grazie al ruolo integrato svolto dalle aree marine protette e dalle associazioni ambientaliste, partendo proprio dalle Pelagie, ma risalendo lo Jonio lungo le coste della Sicilia orientale, seppure si possono ammirare scenari e fondali unici come quelli del Plemmirio o dell’Isole dei Ciclopi , gli effetti della tropicalizzazione sono evidenti, gli esperti segnalano la presenza di specie “aliene” che non appartengono ai nostri mari.
Ma cio’ che preoccupa maggiormente e’ l’effetto devastante determinato dal petrolchimico, nell’area industriale siracusana di Augusta, Melilli e Priolo.
Lo studio formulato dalla dott.ssa Mara Nicotra e riportato di seguito sul possibile risanamento delle coste siculo orientali , pone quesiti allarmanti sul futuro del Mare Nostrum.
La situazione ecologica generale delle acque costiere siciliane, in particolare di quelle siculo-orientali, risultano le più inquinate rispetto al valore medio del Mediterraneo e degli oceani. Ciò è dovuto soprattutto all’alta densità di scarichi urbani ed industriali in mare. La depurazione delle acque è realizzata solo per alcuni complessi industriali, talvolta è assente o insufficiente in gran parte dei centri urbani.
L’inquinamento della Rada di Augusta è oramai un dato certo e documentato. Essa, si caratterizza per la presenza del più grande polo chimico e petrolchimico d’Europa, il cui insediamento risale agli inizi degli anni 50’ nel territorio dei comuni di Melilli, Priolo, Augusta e Siracusa. Per decenni le attività industriali, hanno operato nella totale assenza di norme a tutela dell’ambiente, determinando conseguenze negative sul territorio (aria, suolo, sottosuolo, falde acquifere, mare) e sulla salute. È da ciò che è scaturita la dichiarazione di “area ad elevato rischio di crisi ambientale”, cui ha fatto seguito l’adozione del Piano di Risanamento Ambientale, emanato con il D.P.R. 17 gennaio 1995 e destinato all’attuazione di una serie di interventi per il miglioramento della qualità dell’ambiente e quindi della vita. Ma, dopo 12 anni dal suo varo, il piano di risanamento previsto, ancora stenta a decollare o non decolla affatto.
Venti chilometri di costa da Augusta a Siracusa, occupata da raffinerie, industrie chimiche e petrolchimiche, centrali termoelettriche e cementerie, che oltre a togliere il respiro negli Iblei, con la diossina emessa dai loro camini, concimano i terreni seppellendo amianto invece di smaltirlo in ditte autorizzate e dissanguano la falda acquifera per via del benzene che circola a volte indisturbato nel sottosuolo. Da decenni si mangia pesce al mercurio e si respirano tossine. Dal 1980 financo, le donne partoriscono piccoli mostri, neonati acefali, o con gli arti deformi, alcuni, destinati alla morte o a condurre una vita da vegetale. Un olocausto. Un prezzo troppo alto. Per non parlare dell’elevata mortalità per tumori, nella popolazione maschile, superiore alla media nazionale e regionale.
Molte sono le sostanze persistenti, cioè non sottoposte a degradazione ambientale, che si sono accumulate nei fondali della Rada di Augusta, determinando, un progressivo deterioramento della biodiversità in mare, e in alcune specie ittiche, malformazioni scheletriche a carico della colonna vertebrale. Lo zinco sembra essere la causa principale di tali anomalie. L’elevata concentrazione di questo metallo, rinvenuta nei pesci della Rada, desta le maggiori preoccupazioni per la catena alimentare. Secondo gli studi recenti, gli accumuli di zinco, agendo sulla trascrizione dei geni, potrebbero determinare anche nell’uomo, le malformazioni scheletriche.
Nelle acque costiere di questo tratto di Sicilia, fortemente depauperata, ma tanto preziosa per il rimanente e puntiforme patrimonio naturalistico-architettonico, da conservare e rivalorizzare, il fenomeno delle malformazioni scheletriche delle popolazioni ittiche è ben conosciuto oramai dalle autorità preposte, ma ancora si consente di pescare a pochi metri dal petrolchimico, laddove sono presenti collettori finali di una serie di scarichi di processo asserviti a diversi impianti industriali. Non di rado, il prodotto ittico pescato, ricco di sostanze tossiche, finisce sulle tavole di ignari consumatori.
La legislazione internazionale, raccolta nella convenzione delle Nazioni Unite sulla Legge del mare, stabilisce specifici diritti ed obblighi degli stati rivieraschi e fornisce le basi per seguire la protezione e lo sviluppo sostenibile degli ambienti marini costieri e delle loro risorse al fine di indirizzare gli sforzi verso la prevenzione del degrado.
Questa fascia costiera, ad elevato rischio sismico, presenta un consistente numero di stabilimenti industriali, la maggior parte obsoleti e scarsamente manutenzionati.
del Triangolo Industriale Augusta-Melilli-Priolo.
La fondazione Fulvio Frisone (fisico siracusano tetraplegico), coglie l’occasione per creare in loco, un centro di ricerca scientifica, con lo scopo di individuare le correlazioni fra agenti inquinanti e salute della popolazione. L’obiettivo principale del centro è quello di certificare e quindi far eliminare gli agenti più pericolosi, previsti dal D.M. 60, in modo da avviare sul territorio una vera e propria politica di bonifica, tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
Tutti quanti siamo stati complici di questo “sistema non sostenibile”, ma ora è tempo di rimediare gli errori del passato, di cambiare, di guardare in un’altra direzione e cioè quella di investire su un corretto utilizzo e promozione del nostro territorio.
Vivere meglio si può. E conviene. Tradizioni e hi-tech, parchi e centri di ricerca, turismo e industria innovativa. Questo deve essere il nuovo marchio dei paesi costieri della Sicilia orientale contro il declino.

Carmelo Nicoloso (vicepres. Fondo Siciliano per la Natura)
Mara Nicotra (ricercatrice in biologia marina-coord. scient. C.R.S. “Lotta per la Vita”-Area Melilli)

 
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