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Posidonia, progetto pilota

Nell’ambito della presentazione dei risultati del progetto L.I.S.A (Laboratorio Intrauniversitario per la gestione dei Sistemi Acquatici) lo scorso 12 settembre presso la Società Canottieri di Palermo è stata presentata la barca “Antonino Borzì”, un laboratorio mobile di ecologia acquatica in grado di supportare attività di ricerca nel campo della biologia e dell’ecologia marina.
Affidata al C.I.S.A.C (Centro Interdipartimentale per lo Studio dell’ecologia degli Ambienti Costieri) di cui è direttore il professore Sebastiano Calvo, la barca è stata realizzata dall’Università degli studi di Palermo nell’ambito del progetto “L.I.S.A”, coofinanziato dall’Unione Europea e dallo Stato italiano, per operare in modo specifico nella fascia costiera compresa entro i primi 100 metri di profondità. Lunga circa 15 metri, è equipaggiata con sistemi acustici avanzati per l’esecuzione di rilievi bati-morfologici, sistemi robotizzati di video ripresa (ROV), sonda multiparametrica, attrezzature di foto e videoripresa, sistema di posizionamento subacqueo e attrezzatura per immersioni con A.R.A.
La barca è in attività da marzo 2006 ed in questo anno e mezzo ha già operato nell’ambito di convenzioni e progetti di ricerca stipulati con Enti pubblici e soggetti privati. In particolare la barca da ricerca e le attrezzature scientifiche in dotazione sono state impegnate in studi di compatibilità ambientale e valutazione d’incidenza di opere marittime nel territorio siciliano.
Ultimamente è impegnata in un progetto pilota per il recupero dei fondali degradati del palermitano attraverso il trapianto di Posidonia oceanica.
Le praterie di Posidonia oceanica rappresentano il più importante e produttivo ecosistema marino nel bacino del Mediterraneo, esercitando un ruolo chiave nell’equilibrio della fascia costiera. A dispetto della loro importanza esse sono seriamente minacciate soprattutto per le alterazioni ambientali indotte dall’uomo.
Il Golfo di Palermo infatti, a causa della presenza di reflui urbani non depurati, di discariche incontrollate di materiale di risulta lungo la costa e della forte pressione esercitata dalla pesca a strascico illegale, manifestano un impoverimento della flora e fauna marina che minaccia seriamente l’ecosistema marino costiero e la sua biodiversità.
Dopo un periodo preliminare in cui il Golfo di Palermo è stato osservato e studiato attraverso le attrezzature della barca “Antonino Borzì”, i dottorandi dell’Università di Palermo (Antonino Scannavino, Filippo Luzzu e Luciano Fici,) con l’appoggio dei sommozzatori della Polizia di Stato e dei volontari del diving Blue-Shark, hanno provveduto a trapiantare, lo scorso luglio, 850 talee di Posidonia oceanica prelevate dalla prateria della baia di Solanto. Le talee sono state trasferite nel Golfo in cinque impianti pilota, su fondali ormai privi dell’originaria copertura vegetale. Adesso, per almeno un anno, le piante saranno monitorate per verificarne l’attecchimento e lo sviluppo. I risultati della ricerca costituiranno la base scientifica su cui realizzare, in futuro, interventi di recupero dei fondali mobili degradati.
“E’ stato stimato che, in condizioni naturali, il ripristino di una prateria degradata si realizza nell’ordine delle centinaia di anni o dei millenni. In tali condizioni la regressione delle praterie diventa un fatto praticamente irreversibile, a meno di favorire, attraverso appropriate metodologie e tecniche di riforestazione, un’accelerazione del processo di ricolonizzazione – ha detto Sebastiano Calvo - La riforestazione non è importante solo per la salvaguardia e la protezione della costa, ma anche per l’equilibrio dell’ambiente marino costiero rappresentando un “serbatoio” di biodiversità, è una di sorgente vitale per la fauna”.
“Per la riforestazione stiamo procedendo utilizzando dei criteri che ci consentiranno di stabilire le aree realmente colonizzabili. – ha concluso Calvo - Il prossimo anno in base ai risultati del progetto pilota saremo in grado di identificare le zone in cui è possibile la riforestazione, ed il Golfo di Palermo rappresenterà un modello che potrà essere riadattato ad altre aree siciliane. E’ importante sapere che per intervenire con la riforestazione è indispensabile che siano state eliminate le cause che hanno determinato la scomparsa della vegetazione, come sta avvenendo in alcune aree del Golfo di Palermo”. (l.d’a.)

 
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