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Relazione
Riserva di Capo Gallo a Palermo [click per ingrandire l'immagine] L'attuale disciplina delle aree protette è ancora incentrata sulla l. r. n. 98 del 1981, modificata da alcuni successivi provvedimenti legislativi ed in particolare dalla l.r. n. 14 del 1988, e, pur richiedendo sotto diversi profili una revisione normativa, ha garantito un'efficace conservazione del patrimonio naturale regionale, limitando tra l'altro il fenomeno dell'abusivismo edilizio ampiamente diffuso nel territorio siciliano.

La modifica della normativa vigente si rende necessaria per recepire importanti disposizioni della legge quadro nazionale 394/91, per rafforzare i risultati sinora conseguiti e rendere ancora più efficaci ed efficienti le gestioni, per offrire ulteriori strumenti operativi agli enti gestori, o per perfezionare il sistema delle aree protette in modo da favorire, nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio, il rilancio culturale, sociale ed economico delle comunità locali, sia per concentrare le principali disposizioni in materia di aree protette.
Dal punto di vista metodologico, la proposta normativa si basa, in via preliminare, sull'esame del disegno di legge unificato nn. 313 – 274 – 478 – 275 presentato alla Commissione competente dell'Assemblea regionale siciliana, per verificarne la compatibilità con i principi costituzionali e con i principi della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991. Si è cercato, quindi, di prendere le mosse dalla puntuale ricostruzione della cornice giuridica di livello sia costituzionale sia legislativo, che condiziona ed influenza l'esercizio della potestà legislativa regionale. Occorre ribadire infatti che non solo i principi di rango costituzionale, ma anche i principi dettati dal legislatore nazionale – segnatamente con la legge quadro del 1991 - non possono essere disattesi dalla legislazione regionale, vista la competenza esclusiva dello Stato in materia di ambiente, di recente ribadita, proprio in relazione alla tematica delle aree protette (in particolare con riferimento alla istituzione di parchi nazionali in Sicilia) dalla sentenza della Corte costituzionale n. 12 del 2009.
Ciò comporta che il legislatore regionale nell'elaborazione dei modelli gestionali che riguardano i parchi regionali deve garantire una tutela almeno equivalente a quella prevista per i parchi nazionali.

Balle di fieno [click per ingrandire l'immagine] La disciplina vigente ha costituito uno strumento importante per assicurare la conservazione del patrimonio naturale siciliano, ma si sono registrati ritardi nel conseguimento di altri due obiettivi essenziali, presenti nella legislazione siciliana come in tutte le leggi che disciplinano l'istituzione di parchi naturali sin dalla creazione del primo parco naturale, quello di Yellowstone, negli Stati Uniti: lo sviluppo economico controllato e la fruizione da parte dei cittadini.
Il disegno di legge proposto mira a favorire il rilancio culturale, sociale ed economico delle aree protette, attraverso la promozione di attività compatibili con le finalità istitutive delle stesse. L'obiettivo è di mantenere un elevato livello di tutela dell'ambiente e del paesaggio, e, allo stesso tempo, di far diventare i parchi e le riserve il volano dell'economia dei territori su cui ricadono, facendo sì che le aree protette vangano percepite anche dalle Comunità locali come occasioni di sviluppo piuttosto che come freno all'economia.

Il disegno di legge, si propone di dare uno svolgimento coerente ad alcuni principi fondamentali:


1) Principio di sviluppo sostenibile
(art. 3 – quater d.lgs. n. 152 del 2006)



Lago Maulazzo nel Parco dei Nebrodi [click per ingrandire l'immagine] La promozione delle attività sociali ed economichecompatibili con le tutela dell'ambiente è perseguita attraverso numerose disposizioni, anche con previsioni che possono a prima vista sembrarvi estranee. In primo luogo, attraverso una norma di principio che prevede che la fruizione delle aree protette possa essere limitata solo per motivate esigenze scientifiche, e che venga garantita la constante manutenzione dei sentieri.
È evidente che condizione necessaria per lo sviluppo del turismo eco-compatibile (trekking, cicloturismo, etc) è la libera fruibilità delle aree, compatibilmente con gli scopi istituzionali delle aree protette.
La connessione delle aree naturali tra di loro, attraverso sentieri e cammini integrati, la predisposizione di percorsi che hanno valenza culturale, estetica o religiosa consentirebbe di intercettare una fetta di turismo ancora maggiore, un turismo di qualità e destagionalizzato rispetto ai flussi classici (così come è avvenuto, per fare l'esempio più noto, nel caso del cammino di Santiago de Compostela).

Lo sviluppo del turismo passa anche dalla necessaria promozione dei territori, cui è finalizzata, tra l'altro, la previsione che introduce la "carta della rete della natura" che si propone al contempo di favorire il turismo sociale e di dare ai produttori locali la possibilità di entrare in un circuito più ampio e di farsi conoscere anche al di fuori della realtà locale.

2) Principio di sussidiarietà orizzontale
(art. 118 Cost)



Mucche al pascolo sulle rive dell'Alcantara [click per ingrandire l'immagine] Il disegno di legge persegue l'obiettivo di coinvolgere in maniera sempre più ampia i privati nella gestione delle aree protette. In particolare si prevede che ai privati possano essere dati in concessione: beni demaniali, beni del patrimonio sociale e culturale da recuperare che i privati si impegnano a restaurare a proprie spese conseguendo la possibilità di gestirli per un determinato periodo di tempo e servizi e attività economico-sociali.

Si prevede che la gestione delle riserve naturali possa essere data in affidamento ad associazioni ambientaliste, all'esito di un procedimento ad evidenza pubblica in cui vengono valutati comparativamente e in modo trasparente progetti di gestione e previa stipula di una convenzione con la Regione.
Nel caso in cui i servizi e i beni siano gestiti dai privati la qualità e il livello del servizio sono garantiti da un lato dalle procedure concorsuali per la selezione del partner privato, dall'altra attraverso lo strumento della carta dei servizi in cui sono fissati standard di qualità e condizioni di tutela degli utenti.

3) Principio di semplificazione procedimentale e organizzativa



Campo di papaveri [click per ingrandire l'immagine] Si tratta di un principio fondamentale che impronta tutto il ddl.
In relazione alla semplificazione procedimentale si segnalano in particolar modo la fissazione di termini perentori nelle varie fasi dei procedimenti disciplinati e la previsione di una serie ipotesi di silenzio assenso, che costituiscono la regola in caso di rilascio di pareri. È il caso, ad es. del procedimento di approvazione del piano territoriale redatto dall'Ente parco: l'approvazione dell'assessorato deve avvenire entro 180 giorni dall'adozione, decorso infruttuosamente tale termine si forma il silenzio assenso. Si segnala inoltre la previsione del silenzio assenso in caso di nulla osta dell'ente parco.

Si tratta di soluzioni giuridiche già previste dalla legislazione nazionale che sono compensate dall'innesto delle competenze tecnico-scientifiche negli organi di gestione dell'ente parco. Rientra nella semplificazione procedimentale anche l'adozione del modulo della conferenza di servizi in sede di adozione del piano di gestione delle aree protette.
Netta è la scelta nei confronti della semplificazione anche sul piano organizzativo. Tale scelta ha portato alla completa ridefinizione degli organi degli enti parco.

Vengono eliminati alcuni organi, per assicurare una maggiore snellezza organizzativa ed efficienza decisionale: il comitato tecnico scientifico, in precedenza organo di consulenza, viene oggi abolito; nel nuovo quadro organizzativo gli organi fondamentali dell'ente Parco sono tre: il Presidente del parco; il Consiglio direttivo, la Comunità del Parco.
Con l'eliminazione del CTS si ottiene non solo una riduzione degli organi, ma anche una semplificazione dei procedimenti, dal momento che il nulla osta dell'ente parco non deve essere preceduto dal parere tecnico.
D'altra parte, le problematiche interne al territorio del parco possono essere demandate agli uffici dell'ente che già istruiscono i procedimenti, rimandando le materie di carattere regionale e nazionale al Consiglio regionale per il patrimonio naturale.

La Comunità del Parco è un organo prevalentemente consultivo, con limitati poteri deliberativi, e risulta composta dal presidente dell'ente parco; dal presidente della provincia e dai sindaci, i cui territori ricadono, in tutto o in parte, entro i confini del parco. Il presidente della Provincia e i Sindaci possono delegare un consigliere dell'ente di appartenenza per singola seduta o a tempo indeterminato.
La composizione esclusivamente politica della Comunità del Parco e il suo ruolo consultivo e propositivo è conforme alle indicazioni della legge quadro nazionale.
Da notare che negli enti parco nazionali e negli enti parco delle altre regioni con il termine "Comunità del parco", si intende sempre l'organo che riunisce sindaci, presidenti di provincia, di regione e di comunità montane.
Anche in considerazione del fatto che verranno presto istituiti in Sicilia parchi nazionali che verranno a far parte del nostro sistema regionale di aree protette è opportuno che organi che hanno lo stesso nome abbiano composizione omogenea e svolgano funzioni simili anche per non generare confusione. È poi opportuno che l'organo che rappresenta le comunità locali non abbia direttamente poteri gestori, ma partecipi a nominare l'organo gestorio che possa identificarsi direttamente con la mission dell'ente parco piuttosto che esclusivamente con la propria comunità di riferimento. Altro vantaggio: riduzione dei costi, questa composizione consente di eliminare il gettone di presenza per i componenti della Comunità.

4) Principio della progressiva autonomia finanziaria degli enti gestori e dell'autoresponsabilità nella gestione



Isola delle femmine [click per ingrandire l'immagine] La possibilità data agli enti gestori delle aree naturali di svolgere attività di tipo economico direttamente o attraverso privati che pagano un canone, la possibilità di gestire i beni demaniali e patrimoniali rientranti nel proprio territorio e godere dei redditi dagli stessi prodotti; la possibilità di far pagare un biglietto per entrare nelle riserve o in porzioni di parco; la possibilità di accedere con priorità ai finanziamenti comunitari, diminuiranno progressivamente la dipendenza degli enti gestori dal finanziamento regionale che viene di conseguenza progressivamente ridotto.

È chiaro che non si potrà arrivare alla totale autosufficienza degli enti gestori specie nel caso di aree naturali che non presentano attrattive sfruttabili economicamente o destinate unicamente alla ricerca. Per tali aree il ddl prevede un fondo di perequazione alimentato in parte con una quota dei ricavi dei biglietti di ingresso nelle zone che presentano maggiore vocazione turistica nonché con i fondi che l'Arta stanzierà; prevede inoltre, tra i criteri preferenziali nella scelta dei progetti di gestione presentati dalle associazioni ambientaliste per l'affidamento delle riserve naturali, la gestione congiunta di più aree, che comprendono riserve meno appetibili economicamente.

5) Principio della collaborazione istituzionale



Vegetazione in una grotta di scorrimento lavico sull'Etna [click per ingrandire l'immagine] Il ddl contiene diverse previsioni di cooperazione tra organi e tra enti.
L'Assessore regionale del territorio e dell'ambiente, in diversi casi, è tenuto a sentire l'Assessore alla formazione, al turismo e ai beni culturali, dal momento che la tutela dell'ambiente ha carattere trasversale e la tutela e la promozione del territorio e della cultura ambientale non può che essere ripartita tra soggetti portatori di interessi diversi.

Improntati alla cooperazione e alla semplificazione sono, in secondo luogo, i rapporti con il Comando forestale e con il Dipartimento regionale Azienda foreste demaniali. Si prevede che la gestione dei beni demaniali che ricadono nei territori delle aree protette sia affidata agli enti gestori delle stesse previa intesa con l'Azienda foreste demaniali.
Al comando forestale compete la sorveglianza e la vigilanza nelle aree protette, funzione che dovrà essere svolta nel rispetto delle direttive degli enti parco, e tenendo conto delle richieste degli enti gestori delle riserve.

La partecipazione dei comuni alla pianificazione, o attraverso il parere rilasciato dalla Comunità del parco al piano territoriale, o in sede di conferenza di servizi che procede all'approvazione dei piani di gestione delle riserve naturali, si deve considerare necessaria dal momento che i piani territoriali dei parchi e quelli di gestione delle riserve prevalgono sugli strumenti urbanistici generali.
Tali piani non prevalgono invece su quelli paesistici, né su altri piani settoriali, (es. vincolo idrogeologico): l'aver previsto forme semplificate di approvazione (silenzio assenso) sconsiglia la prevalenza su strumenti più rigorosi di tutela del territorio.

6) Principi di trasparenza e partecipazione



Balle di fieno [click per ingrandire l'immagine] Tutti gli atti pianificatori e i procedimenti di scelta comparativa sono soggetti ad ampia pubblicità non solo sulla GURS ma anche sui siti web della Regione. È prevista la procedura di evidenza pubblica per la concessione ai privati di beni o di servizi all'interno dell'Ente parco e per la selezione del soggetto gestore delle riserve naturali.



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