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Conclusioni



I rifugi nelle Aree Protette siciliane 
[click per ingrandire l'immagine] Da quanto finora esaminato, è di tutta evidenza la necessità di procedere ad un aggiornamento della legislazione vigente, proprio per rispondere a tutte quelle istanze che ci provengono dai contesti istituzionali sopranazionali, ma, anche, dalla voce delle popolazioni locali che, per troppo tempo, è rimasta inascoltata per la carenza di strategie di sviluppo in grado di proporre modelli di economia alternativi, successivamente alla imposizione del regime vincolistico.

Appare rilevante che il nuovo disegno di legge propone un sistema di politiche generali, abbandonando vetuste logiche settoriali, così come la generalizzazione del silenzio assenso, come strumento sia di semplificazione che di snellimento dell’azione procedurale nella gestione delle aree, deputate per atto normativo, alla protezione della natura.

Ma occorre muoversi, anche, nella direzione dell’integrazione delle tematiche ambientali nell’ambito delle altre politiche regionali che, con l’ambiente, possono avere una connessione, così come già l’Europa ci insegna da molto tempo, al fine di raggiungere, oltre a maggiori livelli di protezione, anche una sistematicità ulteriore nella gestione degli interventi sul territorio.

Vegetazione delle Aree Protette siciliane 
[click per ingrandire l'immagine] Una progettualità sistematica e integrata può, certamente, dare frutti più duraturi di singoli episodi legislativi, ma occorre anche che la politica faccia un passo indietro rispetto alle logiche cui spesso soggiace, al fine di dare alla protezione della natura procedure più snelle e competenze più valide di quelle legate alla variabilità di intenti.

Nella costruzione sinergica del sistema regionale delle aree protette, non si può, quindi, continuare a lasciare fuori, da ogni strategia, il recupero, necessario e inevitabile, di un legame identitario tra comunità e territorio, come unica via possibile, per dare, così, maggiore forza al concetto di protezione che va interpretato, soprattutto, nella individuazione e conseguente promozione del ciò che è possibile, e non solo nell’indicazione di ciò che è vietato.

In tal senso, appare singolare che il nuovo disegno di legge venga improntato, al “recupero” di ciò che si è perso, a “ri-equilibrare” rapporti che non sono mai nati, a “ri-costruire” assetti territoriali degradati o abbandonati, a “ri-stabilire” il legame uomo-natura: forse non è mai troppo tardi per comprendere che si sono fatti degli errori di valutazione, e che vale la pena invertire quella pesante tendenza che identifica le aree protette solo dal regime dei vincoli e non anche dalle attività che sono possibili.

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