Federescursionismo visita Malabotta

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Federescursionismo visita Malabotta

Federescursionismo Sicilia prosegue la sua attività didattica, con una giornata alla scoperta di uno degli ultimi boschi naturali della Sicilia, Malabotta, riserva naturale gestita dall’ufficio provinciale di Messina del Dipartimento regionale Azienda Foreste Demaniali.
Così, nell’ambito del secondo corso rivolto alle future guide naturalistiche, su invito della struttura di Siciliaparchi, dopo una lezione teorica, il gruppo dei corsisti si è spostato domenica scorsa a Montalbano, nel messinese, tra l’Alcantara, l’Etna ed i Nebrodi, dapprima alla scoperta delle rocche dell’Argimusco ed i suoi megaliti, quindi al cospetto dei patriarchi del bosco di Malabotta, secolari esemplari di cerro a poca distanza dall’altipiano.
Per l’occasione, i corsisti, guidati da Carmelo Nicoloso e con la collaborazione di Fabrizio Raneri e del direttore di Siciliaparchi Trovato sono stati organizzati in 4 gruppi (Flora, Fauna, Rocce e Uomo), e chiamati sul campo ad analizzare ed illustrare gli elementi di valore naturalistico, geologico ed antropologico, simulando proprio sul campo, sotto l’occhio dei docenti, l’attività di guida.


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Ecco risultati ed impressioni, gruppo per gruppo.


‘Leggere la Natura’: una traccia rarissima
“Abbiamo avuto la fortuna – spiega il Gruppo Fauna, composto da Antonella Squillaci, Domenico Granata, Filippo Micalizzi, Nadia Oliveri, Nicola Leo e Salvatore Seminara e che ha scontato la difficoltà di operare ‘fuori stagione’ - di scorgere, in una chiazza di neve, delle impronte di gatto selvatico, rarissimo da vedere e da notare, poiché è una creatura solitaria ed estremamente cauta nei confronti dell’uomo. Hanno sorvolato le nostre teste diversi rapaci quali poiane e gheppi in posizione dello Spirito Santo, ad ali aperte e immobili in aria alla ricerca delle loro preda. Altra meravigliosa e affascinante specie presente è il corvo imperiale: ne abbiamo incontrata una coppia su un megalite, è il più grande corvide italiano poco comune. Un’altra scoperta è stata fatta passeggiando tra gli alberi del bosco di Malabotta, dove ci siamo trovati di fronte ad un resto rigettato sicuramente da un rapace notturno, la cosiddetta “borra”, pallottola contenente i resti non digeriti delle prede (pelo, ossa). Infine uno dei momenti più suggestivi è stato farsi trasportare nel silenzio della natura con i suoi profumi, escludendo il senso della vista, assaporando quel profondo pieno di mistero e immergendoci totalmente in quella che è una vera e propria “foresta incantata”.

Il fascino magnetico delle rocce misteriose
“Visitare per la prima volta l’area megalitica dell’Argimusco e’ un’esperienza che ti rimane dentro”, spiegano i componenti del Gruppo Rocce Paolo Pennisi, Rosario Calcagno e Luca Desiderio.
“ Non e’ solo l’atmosfera magica che evocano questi singoli ammassi rocciosi che si ergono verso il cielo a dimostrare la loro forza contro il tempo, ma una palestra di studio dal punto di vista geologico. Se viaggiassimo indietro nel tempo, ripercorrendo i milioni di anni (partendo da circa 70 milioni di anni) che ci separano dalla origine di queste formazioni rocciose, vedremmo un ambiente completamente diverso costituito da profondi fondali marini.
Successivamente, a causa di fenomeni di compressione che hanno portato all’origine delle catene montuose siciliane, tali formazioni rocciose ormai emerse sono state ‘lavorate e modellate’ dalla Natura che con i propri “utensili” quali acqua e vento, ha ripulito e spazzato via i materiali piu’ teneri e incoerenti, risparmiando e ri-disegnando quegli ammassi rocciosi piu’ compatti e resistenti che costituiscono oggi i megaliti quali esempi di ‘Maestose sculture senza tempo’. Grazie all’ausilio di una bussola, e visionando gli allineamenti tra queste maestose strutture e la presenza di strane linee e forme regolari ben scolpite dall’uomo neolitico e’ interessante scoprire, inoltre, come esista una sintonia unica e magica tra uomo, natura e astronomia.
Ciò che è certo quindi, è che, alla fine del sentiero dell’Argimusco, si è compiuto un percorso nelle ere geologiche (70 milioni di anni), nella storia dell’uomo (9 mila anni), ma soprattutto un viaggio dentro noi stessi, in un vortice di suggestioni e magnetismo; per scoprire alla fine che l’essere umano non è altro che un elemento della Natura e come tale può vivere in simbiosi con essa e al tempo stesso trarne forza rigenerante”.


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Una magica atmosfera e panorama mozzafiato
“Eccolo l’Argimusco, letteralmente ‘’pianoro delle rocce ’’, un luogo che evoca storia e mistero, coi suoi Megaliti, le grandi pietre millenarie, nei cui profili ritroviamo volti, animali, simboli antichi, col suo silenzio, la cui voce ci parla di storia, di civiltà antiche, di riti magici”.
E’ tra la sorpresa ed il mistero, il racconto del Gruppo Uomo incaricato di analizzare le tracce umane della riserva, e costituito da Fabio Messina, Carmelo Siscaro, Marcello Cantone, Sebastiano Mirici, Marco Mollica e Giuseppe Riolo.
“Quale sarà la loro origine? Erosione naturale del vento e dell’acqua oppure semplice opera di una misteriosa popolazione antica?
Qualunque sia la verità, quel che importa è l’atmosfera magica che esso emana e che cattura il visitatore, lasciandolo a bocca aperta di fronte a panorami mozzafiato che variano dai Peloritani alle isole Eolie, da Capo Milazzo alla costa calabra, da Rocca Novara all’Etna. Argimusco, letteralmente ‘’muschio luccicante’’, un luogo magico ed unico al mondo”.


Il bosco incantato che sa parlare al cuore
“Solenni roccioni, megaliti modellati nei secoli in forme curiose dagli agenti atmosferici, che hanno acceso la fantasia delle popolazioni locali, proteggono rigogliosi cespugli di agrifoglio, una specie relitta del terziario, tipica rappresentante di una flora tropical-montana che 70 milioni di anni fa caratterizzava le aree montuose anche della Sicilia”. E’ il racconto del Gruppo Flora, costituito da Andrea Bartoli, Adriana Di Mauro, Marco Di Stallo, Marco Galasso e Lino Giudice.
“Ai piedi, verdi distese composte da sparzio spinoso, gramigna natante, Citiso trifloro, Ferula comune e la felce, che sopraffatta dalle rigide temperature del periodo, crea un forte contrasto con il verde circostante.
Lasciato l’altopiano, in pochi minuti di auto, raggiungiamo la nostra meta finale, il bosco di Malabotta. Appena dentro, come in un racconto dei fratelli Grimm, un fitto bosco composto da enormi cerri vestiti da licheni frondosi si contende la scena con roverelle, pini e castagni.
Un sentiero ci indica la strada che conduce ai relitti centenari di alberi di Cerro con i loro possenti tronchi, fino a 2 mt di diametro, avvolti da uno spesso mantello verde di rigoglioso e morbido muschio. Il portamento regale e le fronde intricate, cosparse di antichi licheni non lasciano dubbi: sono i Patriarchi. Ci dedichiamo all’ascolto del silenzio ed alla contemplazione della natura, che ci fanno entrare in una dimensione di rispetto. Atmosfere, colori e odori ci pervadono.
Non abbiamo il tempo per recarci ai torrenti Licopedi, Fiumazza e Pistone: volentieri avremmo visitato l’ambiente ripariale con i suoi salici, la felce florida e la felce bulbifera, una felce gigante che raggiunge i tre metri di altezza. Sarà per la prossima!”.
 

 
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Speciale dedicato all'Azienda Regionale Foreste Demaniali

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